Parmigianino – Madonna di San Zaccaria

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PARMIGIANINO – MADONNA DI SAN ZACCARIA

La mostra Correggio e Parmigianino. Arte a Parma nel Cinquecento, tenutasi nel 2016 alle Scuderie del Quirinale di Roma, ha offerto ai visitatori un mirabile panorama su quella straordinaria stagione artistica che si sviluppò a Parma nella prima metà del Cinquecento.

Tra le opere esposte, spiccava la Madonna di San Zaccaria, di gran lunga l’opera più copiata fra quelle del Parmigianino, con esemplari nella Galleria Farnese a Parma, nella Pinacoteca Capitolina (visibile su richiesta nel Tour Musei e Gallerie scegliendo i Musei Capitolini) e persino in svariate collezioni principesche delle famiglie romane.

DESCRIZIONE DELL’OPERA

Parmigianino Madonna San Zaccaria, Parmigianino – Madonna di San Zaccaria, Rome GuidesSullo sfondo di un paesaggio di rovine circondate da un boschetto, con un arco di trionfo ornato da statue e bassorilievi che ricorda l’Arco di Costantino (visto dal Parmigianino nel soggiorno romano del 1524), si svolge una sacra conversazione non del tutto convenzionale. Al centro si erge la Madonna, seduta con in grembo un Bambino pallido e assente mentre riceve il bacio di San Giovannino. Sulla destra, quasi di profilo, San Zaccaria e sulla sinistra Maria Maddalena, che porge l’ampolla degli unguenti (suo tradizionale attributo).

Dal punto di vista teologico, è facile notare come vari elementi chiariscano come la riunione prefiguri la Passione di Gesù. Il Bambino è infatti ritratto con colori cinerini, quasi cadaverici, e anche la sua pensosità si può interpretare come una meditazione sul martirio futuro.

Il Parmigianino, già celebre per i suoi toni di colore spesso inquieti, usa qui una tavolozza particolarmente incentrata sui verdi e sui gialli. In quest’opera, però, va anche oltre, lavorando con accuratezza sulle superfici lucide negli incarnati, sulle capigliature increspate, sulla soffice pelliccia del cappuccio di Zaccaria, sulle pesanti pieghe dei panneggi. Parmigianino sottopone ogni elemento dell’opera ad un trattamento luministico, rendendo i tessuti quasi iridescenti, raggiungendo una suprema eleganza formale: la materia si trasforma, perdendo la sua aderenza fisica e trasformandosi in una sorta di “materiale lunare”.

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LE EVOCAZIONI

Nei dettagli del San Zaccaria, con le pupille infiammate da uno sguardo “terribile”, i capelli grigi e la barba accesi di bagliori di un realismo quasi fiammingo, sono evidenti gli echi di Michelangelo Buonarroti, in particolare nel gesto imperioso dell’apertura del libro. La forza del personaggio è rievocata dalle lettere dorate, con la scritta “SILEAT OMNIS CARA FACIE DOMINI”, ossia “Taccia ogni mortale di fronte al Signore”

Se però i grandi Maestri, Raffaello e Michelangelo su tutti, fanno sentire qui la propria presenza, nell’opera in questione il Parmigianino prende la sua strada: gli effetti antinaturalistici lo portano a creare un universo magico, quasi sospseso nel tempo, al contempo verosimile ed irreale, in cui le figure sembrano più apparizioni che reali presenze corporee.

Lo stesso paesaggio, con la colonna ad ergersi isolata, contribuisce ad accentuare la sensazione di estraniamento e di appartenenza a un’altra realtà e a un altro tempo.

Paradossalmente, in un’opera così sacra si intravede uno degli interessi più “morbosi” del Parmigianino, ossia l’alchimia: la Madonna di San Zaccaria sembra raffigurare l’esito di un processo che svuota la forma della propria materia reale per estrarre il distillato nella sua purezza, la forma come pura bellezza.

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