Antonio Canova a Possagno

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ANTONIO CANOVA A POSSAGNO

Il piccolo borgo di Possagno, alle falde del Monte Grappa, deve la sua notorietà all’aver dato i natali al grande maestro del Neoclassicismo, Antonio Canova (1757-1822).

Nel paese, sono ancora molti gli angoli che ne rammentano la presenza, ad iniziare dalla casa natale dell’artista, circondata da un ampio giardino: la casa era di proprietà del nonno di Canova, Pasino. Tuttora si presenta come una semplice ma dignitosa costruzione a due piani, con entrambe le facciate (quella sulla strada e quella sul giardino) scandite da numerose finestre ed una torretta laterale che individua il luogo maggiormente frequentato dall’artista, ossia il suo studio.

LA CASA DI ANTONIO CANOVA

L’edificio di Possagno è molto diverso dal laboratorio romano, non distante da Piazza del Popolo, in cui creò gran parte della propria vastissima produzione scultorea ed in cui collaborò con numerosi assistenti. Nel suo piccolo studio veneto, immerso nelle colline trevigiane, Canova preferì spesso dedicarsi ad una produzione per la quale non ottenne fama imperitura, ma che per lui fu sempre un diletto ed una passione: la pittura da cavalletto.

Oggi, proprio in virtù di questa attività, Possano possiede sedici dipinti a olio su tela ed una preziosa serie di tempere dipinte su carta: la visita delle camere al pianterreno dell’edificio diventa così un ideale itinerario all’interno di una suggestiva “pinacoteca canoviana”.

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Gli studiosi hanno collocato la principale produzione pittorica di Antonio Canova in due momenti assai precisi della vita dell’artista. La prima parte si sviluppa nel periodo intercorrente fra il 1783 e il 1790, quando canova stava inserendosi nel tessuto artistico e sociale di Roma, dove egli era giunto nel 1781 dopo l’esperienza veneziana. La seconda parte, nel biennio fra il 1798 e il 1799, coincide con una delle pagine più fosche della vita del grande artista, costretto ad allontanarsi dalla Città Eterna per le intemperanze che la stavano sconvolgendo in seguito dapprima alla dichiarazione della Repubblica Romana e quindi all’arrivo dei Francesi.

Nel salone della casa di Antonio Canova sono esposti due dipinti da collocare nella prima fase: Venere con lo specchio e Venere con un fauno. Entrambi i soggetti risentono chiaramente, a livello formale, dei tradizionali modelli della pittura veneta tramandata, fra gli altri, da Giorgione e Tiziano Vecellio; le lunghe braccia delle due Veneri ed i loro corpi flessuosi rivelano però anche gli influssi derivanti dall’ambiente romano. La Capitale dello Stato Pontificio, in effetti, era in quegli anni non solo caratterizzata dalla presenza di veri e proprio “Soloni della pittura”, come l’anziano Pompeo Batoni, ma anche di svariati artisti stranieri che proprio a Roma ottennero un meritato successo, come Anton Raphael Mengs, Gavin Hamilton o Angelica Kauffman. Proprio per sottolineare l’importanza dell’influenza straniera sul panorama artistico romano, è bene ricordare come fu proprio a Roma che. Nel 1785, fu esposto il celeberrimo Giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David, oggi esposto al Louvre.

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Della seconda fase restano, nella casa di Possagno, tre preziose serie di tempere su carta, per un totale di 34 opere, suddivise in tre filoni: Ninfe con Amorini, Muse con filosofi e Danzatrici. I dipinti emergono con grande vivacità dallo sfondo nero, ricordando nei loro profili assai sciolti una cultura figurativa assai simile al cosiddetto “stile pompeiano”, tipico della Roma Antica: Canova, del resto, aveva personalmente visitato aree archeologiche a Roma e fuori Roma, recandosi ad esempio nel gennaio 1780 a visitare Napoli, Paestum e Pompei.

Tra le opere più gradevoli della prima serie, spicca il Mercato degli Amorini, evidentemente ispirato alla pittura pompeiana ma rielaborato da Canova come un vero e proprio racconto basato sul susseguirsi di più scene.

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Formalmente più semplice, ma sempre di grande eleganza, appare la serie delle Muse con i filosofi, in cui compaiono la Musa dell’astronomia Urania che illustra a Talete la struttura dell’Universo, seguita dalle tre incoronazioni della Musa dell’epica Calliope a Omero, della Musa della tragedia Melpomene a Sofocle e della Musa della commedia Talia ad Aristofane.

La terza serie è dedicata ad un soggetto assai caro al Maestro, ossia la danza, tema che sarà preso in considerazione anche e soprattutto nelle opere scultoree e che in questa collezione di tempere mostra danze singole o di gruppo.

LA GIPSOTECA DI POSSAGNO

Il punto di massimo splendore dell’itinerario canoviano a Possagno si raggiunge in ogni caso entrando nella strepitosa Gipsoteca posta a pochi passi dalla casa natale. Attraversando un piccolo giardino, infatti, è possibile ammirare un edificio contenente l’intera collezione di bozzetti, modelli e calchi provenienti dallo studio romano dell’artista.

Dal punto di vista museografico, la Gipsoteca di Possagno costituisce un unicum nell’ambito della cultura italiana della metà dell’Ottocento. Il committente dell’edificio fu Giovanni sartori Canova, fratellastro ed erede di Antonio, che fece erigere la costruzione per potervi trasferire le sculture in gesso che alla morte dell’artista si trovavano nel suo studio a Roma.

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La Gipsoteca è caratterizzata da una planimetria ad aula, culminante in un grande nicchione al quale si giunge dopo aver percorso tre settori illuminati soltanto da un ampio lucernario. Tutte le opere vennero qui trasferite attorno al 1830 e disposte secondo un ben preciso allestimento, che prevedeva sculture e gruppi sul pavimento, busti e ritratti sulle mensole e rilievi disposti nella parte superiore delle pareti. Nonostante il tutto potesse dirsi completato nel 1836, fu solo nel 1844 che il museo potè dirsi compiuto; sfortunatamente, la Prima Guerra Mondiale causò gravi danni alla copertura dell’edificio ed alle opere contenute al suo interno.

Per questo motivo, quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, la Gipsoteca fu svuotata al fine di preservare le statue, che vennero trasferite all’interno del Tempio Canoviano di Possagno, dove rimasero fino al 1946.

Nel 1957 fu aggiunta una seconda sala espositiva all’originale aula ottocentesca, e si decise di procedere ad un ricollocamento delle opere secondo moderni criteri museali.

Il Tour organizzato dal museo, della durata di circa un’ora, è decisamente emozionante, ma lo è ancor di più passeggiare fra questi veri e proprio colossi di gesso, circondati da Paolina Bonaparte (l’originale è ammirabile presso la Galleria Borghese, un vero e proprio gioiello museale da godere al meglio con il Tour Guidato organizzato da Rome Guides), Napoleone, Perseo ed Ercole e Lica (l’originale è esposto a Roma presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna), illuminati dal genio creativo del grande artista.

IL TEMPIO CANOVIANO

Oltre a questo peculiare complesso, basta spostarsi sulla piccola altura a poche centinaia di metri dalla casa natale dell’artista per ammirare una preziosa testimonianza dell’attività di Canova architetto: il Tempio.

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La prima pietra di questo maestoso edificio venne collocata il 1 Luglio del 1819, ma esso fu terminato solo nel 1830, quando ormai Canova era già morto da alcuni anni. Il grandioso edificio mostra chiaramente le sue similitudini con il Pantheon, sia a livello di suggestione che di struttura architettonica, ma richiama indirettamente anche il Partenone per quanto concerne il fregio decorativo del pronao.

In tal senso, Canova aveva ideato un complesso decorativo composto da 27 metope, ma la sua morte nel 1822 comportò una drastica riduzione del programma decorativo, poiché all’epoca solo sette metope erano state ultimate: la Creazione del mondo, la Creazione dell’uomo, l’Uccisione di Abele, il Sacrificio di Isacco, l’Annunciazione, la Visitazione e la Presentazione al tempio.  Alcuni anni dopo la morte di Canova, i suoi allievi eseguirono in pietra locale i rilievi oggi collocati sul frontone, seguendo il modello lasciato dal Maestro.

Le metope del Tempio di Possagno, assai affascinanti e certamente dissimili dallo stile più puramente classico che viene riconosciuto al Canova scultore, rappresentano stilisticamente l’incontro fra una formazione legata allo studio della grande scultura italiana del Quattrocento (in primis Donatello) e le nuove sperimentazioni ideologiche degli artisti a lui contemporanei.

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Il Tempio conserva anche, sull’altare maggiore, il dipinto di Canova Compianto su Cristo morto, eseguito a Possagno alla fine del XVIII secolo, durante la sua seconda permanenza. Ad indicare come lo stesso Canova fosse un perfezionista anche a livello pittorico, gli studiosi hanno evidenziato come l’opera sia stata ritoccata due volte, una nel 1810 e una nel 1821: in questa seconda occasione, a pochi mesi dalla morte, Canova ridipinse con un colore scuro il manto della Madonna, che nella prima versione era di colore azzurro chiaro, quasi fosse un presagio della sua prossima dipartita.

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