PAPA BONIFACIO VIII
Papa Bonifacio VIII fu un personaggio complesso e poliedrico, intenso come pochi altri e non sempre valutato con la necessaria equità e obiettività.
Nato ad Anagni attorno al 1235, Bonifacio VIII (all’anagrafe Benedetto Caetani) studiò diritto, fino a diventare notaio apostolico: fu uomo colto, ambizioso, energico, attento agli affari, portato all’analisi delle cose ma troppo spesso portato ad esternare in modo eccessivamente audace le proprie idee, che venivano spesso fraintese procurandogli accuse pesanti. Venne, ad esempio, accusato di epicureismo, poiché (probabilmente per prescrizione medica) mangiava carne anche nei giorni di vigilia, e persino sospettato di magia ed alchimia. Su di lui gravarono persino accuse basate su un’unica risposta, che il Papa diede una volta al suo medico di fiducia Arnaldo di Villanova: “Codesti stolti che si attendono la fine del mondo, non sanno che per ognuno il mondo finisce quando egli muore?”.
LA POLITICA ESPANSIONISTICA
Benedetto Caetani fu certamente giurista esperto e molto ricco, più per gli acquisti compiti durante il cardinalato prima ed il papato poi che non per censo, e sembrò avere da subito idee molto precise circa l’espansione ed il potenziamento della Signoria dei Caetani. Gli acquisti territoriali, però, non avvennero quasi mai a danno del demanio ecclesiastico, ma principalmente sfruttando i dissesti patrimoniali delle famiglie feudali e la disgregazione di consorzi nobiliari un tempo facoltosi: ogni singolo acquisto fu effettuato all’insegna della più scrupolosa legalità, in modo che gli atti di compravendita immobiliare potessero risultare formalmente inattaccabili.
Una siffatta politica espansionistica e nepotistica fece dei Caetani una delle casate più potenti del Lazio in generale e di Roma in particolare, città nella quale primeggiavano all’epoca le famiglie dei Colonna, degli Orsini, dei Conti, dei Savelli e degli Annibaldi.
L’ELEZIONE A PAPA
Il 24 Dicembre 1294 il cardinale Caetani, con la maggioranza dei voti, aveva raccolto a Napoli presso Carlo II d’Angiò l’eredità del suo predecessore Celestino V, del quale si dice che promosse con notevole zelo l’abdicazione.
La sua elezione non fu certo accompagnata da quella commozione e quell’amore popolare che si erano palesati così apertamente verso il suo predecessore, uomo di proverbiale povertà ed eremita per libera scelta, tanto da venire considerato già santo nella fantasia popolare. A riprova di come i sentimenti per Bonifacio VIII fossero del tutto opposti, la tradizione racconta che, quando il Papa abbandonò nel gennaio 1925 la capitale partenopea per raggiungere Roma, già nei pressi di Capua si diffuse a Napoli la falsa notizia della morte del nuovo pontefice, con la popolazione che si abbandonò ad una gioia sfrenata e incontenibile.
Con queste notizie nel cuore, che lasciavano evidentemente presagire giorni difficili, Bonifacio VIII scelse di fermarsi ad Anagni, dove fu ricevuto con infinito orgoglio dai propri concittadini, prima di proseguire imperterrito per Roma, in cui il suo ingresso e la sua incoronazione, avvenuta in San Pietro il 23 gennaio 1295, furono celebrate con una pompa grandiosa.
Come un autentico trionfatore, nel bel mezzo di uno sfarzo senza precedenti, Bonifacio VIII ricevette l’omaggio di tutti i nobili romani, inclusi i potentissimi Colonna e Orsini. Quindi, cavalcando su una chinea bianca coperta da una gualdrappa di penne cipriote, con in capo la corona e sfoggiando i pomposi abiti pontifici, attraversò la città parata a festa, accompagnato dai due re vassalli Carlo II e Carlo Martello, e si accinse a prendere possesso del Laterano.
Da quel momento in poi, a dispetto dei cardinali che difendevano il prestigio del Sacro Collegio, Bonifacio VIII rivendicò per sé, con ambizione senza pari, tutta la pienezza del proprio potere. Fu in quel momento che iniziarono le ostilità con la famiglia Colonna per il predominio su Roma e nel Lazio, per smussare le quali si offrì il senatore Pandolfo Savelli, che offrì i suoi buoni uffici da mediatore senza però ottenere alcun risultato.
I NEMICI COLONNA
La rivalità fra i contendenti fu assai aspra, e raggiunse toni molto violenti con un reciproco scambio di accuse feroci: tra i continui riferimenti agli eventi passati e l’uso di molteplici sotterfugi, i contendenti si rivolsero spesso anche ai cittadini affinchè fossero questi ultimi a riconoscere, di volta in volta, il buon diritto di ciascuno.
Bonifacio VIII, ad esempio, nella Bolla In Excelso Trono, dichiarò che i Colonna “erano avversari dello stato dei Romani, perturbatari dell’Urbe e della patria, desiderosi di turbare la città ed il mondo intero”. Queste accuse, evidentemente esagerate, non sconvolsero più di tanto i Romani, che anzi dovettero vedere persino di buon occhio questo ridimensionamento della potenza baronale, causa di continui disordini; ciò di cui il popolo non fu in grado di rendersi conto per tempo fu che i Caetani non erano e non sarebbero mai stati troppo diversi dai Colonna.
Nei confronti dei Colonna, il Papa fu crudele, spietato e irriducibile, assai diverso dallo schema che lui stesso cercherà di far passare alla storia, con la definizione del “Papa del Giubileo” o del “Papa del Gran Perdono”, offerto a tutti i Cristiani che si fossero recati a Roma nel 1300 per sostare in preghiera nelle basiliche di San Pietro e San Paolo al fine di ottenere l’indulgenza plenaria, ossia la remissione della pena per i peccati commessi.
IL GIUBILEO
In quell’anno, si videro solcare le strade della Città Eterna genti diverse per razze e per costumi, che parlavano una babilonia di lingue, spesso agghindate negli abiti tradizionali delle loro terre di provenienza: uomini e donne si aggiravano per la città, alcuni prendendo per mano i bambini ed altri portando in spalla gli anziani, tutti sospinti da una grande fede e dalla speranza della redenzione.
Sebbene le cifre vere e proprie di questo Giubileo siano ancor oggi discusse e discutibili (alcuni studiosi hanno parlato della probabilmente inverosimile cifra di 200.000 presenze giornaliere), quel che è certo è che a Roma si pose il gravoso problema degli alloggi e del sostentamento: tra gli alberghi esistenti si ricorda quello dell’Orso, poco distante da Castel Sant’Angelo e quindi dal ponte percorso per giungere a San Pietro, dove avrebbe alloggiato persino Dante Alighieri.
I pellegrini cercavano comunque di risparmiare il più possibile, al fine di poter lasciare oboli cospicui dinanzi agli altari delle due basiliche, accanto ai quali due chierici con i rastrelli raccoglievano il denaro come se si trattasse di fieno.
I Romani erano entusiasti: l’anno del Giubileo da un lato riempiva le loro tasche e dall’altro placava il loro desiderio di visioni celeste e ultraterrene. Tale soddisfazione, però, non fu per tutti: dal beneficio giubilare furono infatti esclusi proprio i Colonna, tanto che alcuni cronisti dell’epoca immaginarono che il Giubileo fosse stato indetto dal Papa proprio al fine di celebrare dinanzi al mondo la propria vittoria nei confronti della umiliata famiglia Colonna, oltre che ovviamente per rimpinguare l’erario ecclesiastico.
LA SAPIENZA
Ora, se è pur vero che ci furono senza alcun dubbio motivazioni politiche ed economiche alla base di tale decisione, è altrettanto obiettivo che Roma risplendette in tutta la sua bellezza: San Giovanni in Laterano e Santa Maria in Ara Coeli vennero restaurati, e venne iniziata la costruzione di Santa Maria Sopra Minerva.
Inoltre, se ovviamente il Giubileo costituisce sotto ogni aspetto una pietra miliare del pontificato di Bonifacio VIII, è necessario porre l’attenzione su un altro provvedimento papale che portò enormi vantaggi alla Città Eterna: ci si riferisce al cosiddetto Studium Urbis, denominato sin da allora della Sapienza, equivalente in tutto e per tutto alle attuali università. Si tratta di un provvedimento nato dalla mente di un dotto giurista, un uomo di cultura e di ampie vedute, che voleva rendere la città dei Papi al contempo un faro della cristianità ed una fonte di cultura.
Proprio al fine di rendere la sua nuova “creazione” accessibile ad un numero di persone quanto più ampio possibile, Bonifacio VIII emanò una Bolla con cui si decretava la libertà di accesso alle facoltà di Diritto e di Medicina, permettendo inoltre ai docenti di usufruire di specifici privilegi, come l’esenzione dai tributi e dai pedaggi. Nella stessa Bolla, inoltre, decretò che le Università si sarebbero autogovernate e sarebbero state aperte sia ai Romani che a tutti coloro che, pur non risiedendo in città, fossero venuti a vivere a Roma.
L’ANALISI FINALE
Alla luce degli argomenti trattati, sia pure in modo decisamente sintetico, ci si rende conto di poter valutare Bonifacio VIII sotto diversi punti di vista: fu certamente un personaggio dalle idee solide e ben chiare, che annovera al suo attivo importanti realizzazioni ed innovazioni.
Si pensi, ad esempio, alla decisione di organizzare il Giubileo. Perché mai Bonifacio VIII lo indisse il 22 febbraio 1300, ma retrodatandolo al 25 dicembre 1299?
Probabilmente, il Papa maturò la sua decisione solo dopo aver esaminato, con la massima attenzione, un eloquente elemento che gli scorreva palesemente dinanzi agli occhi. In quel periodo, infatti, impressionanti flussi di pellegrini si recavano a Roma, spinti da un incontrollabile desiderio di fede collettiva; il Papa non fece altro che “formalizzare” un fenomeno nato in maniera spontanea, potenziandolo e rendendolo produttivo.
D’altronde, per ragioni difficilmente spiegabili, l’inizio di un nuovo secolo era spesso accompagnato da una generale sensazione di avvento di una nuova era, ed un Pontefice avente la genialità di Bonifacio VIII non poteva certamente lasciarsi sfuggire simili aspettative. Ecco quindi comparire in lui un’innata abilità nel governare e guidare queste anime inquiete.
Bisognava solo trovare dei precedenti storici che giustificassero una scelta così estrema ma, a dispetto delle ricerche effettuate, non ne venne trovato nessuno nei meandri degli archivi pontifici. Bonifacio VIII fece allora ricorso alla forza delle tradizioni, che non devono necessariamente essere formalizzate all’interno di atti giuridici, e scelse di iniziare la propria Bolla con un’espressione canonica assai indicativa, ossia “antiquorum habet fidedigna relatio”, quella “degna fede degli antichi” che di per sé rappresenta già garanzia di giustizia, alla quale il Papa affiancò da sagace stratega la collegiale e concorde volontà dei fratelli cardinali.
Tutto ciò dimostra, senza remore, quanto il pontificato di Bonifacio VIII abbia segnato in maniera decisiva la storia della Chiesa. È vero che su di lui sono stati scritti interi tomi, incentrati sulla sua ambizione smodata, sulla sua astuzia, sul suo modo di sbarazzarsi dei propri nemici senza esclusione di colpi, tanto da indurre lo stesso Dante Alighieri a ritenerlo il principale colpevole delle più efferate nefandezze del suo tempo. È altrettanto vero, però, che il Papa concluse la sua vita in profonda amarezza, dopo l’oltraggio subito da Sciarra Colonna, nella pressochè certa convinzione di non essere stato compreso dai suoi contemporanei, che non gli riservarono, in vita e post mortem, alcuna pietà.
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