DANIEL RICHTER
Nel 2007, il celebre violinista Joshua Bell, fresco vincitore del Fisher Prize, uno dei riconoscimenti più prestigiosi del mondo musicale, aveva deciso di piazzarsi all’ora di punta in una stazione della metropolitana di Washington e di eseguire, con il suo Stradivari del 1713 del valore di tre milioni di dollari, un intero concerto con musiche di Bach e Schubert, tra una scala mobile e un bidone della spazzatura. Dopo tre quarti d’ora se ne era andato con 32 dollari in tasca, senza che nessuno l’avesse riconosciuto o gli avesse prestato troppa attenzione.
Quattro mesi dopo, nell’agosto 2007, l’esperimento venne ripetuto dal grande pittore contemporaneo Daniel Richter: con due sgabelli pieghevoli, una bottiglia d’acqua, un po’ di fogli di carta e qualche matita Richter si sistemò davanti al Centre Pompidou di Parigi, offrendo i suoi ritratti ai turisti per cinque euro. La concorrenza di Richter agli altri artisti di strada che popolano ogni giorno la piazza era spietata, dal momento che i professionisti del settore, per un ritratto tra l’altro ben più fedele ai canoni della tradizione realistica, di euro ne chiedevano almeno cinquanta. Nonostante il costo molto contenuto, Richter eseguì in un’intera giornata di lavoro solo dieci ritratti ed anche lui, come Joshua Bell, non venne riconosciuto da nessuno.
Tra l’altro, la giornata presentò almeno un paio di memorabili aneddoti da tramandare ai posteri. Quasi nessuno di quelli che avevano deciso di investire i loro cinque euro, riferiscono le cronache, rimase soddisfatto: il marito di una donna che aveva posato per Richter, dopo aver visto l’opera finita, la appallottolò gettandola stizzito nel cestino dei rifiuti, mentre un turista cinese decise di rinunciare al ritratto dopo che l’artista aveva rifiutato di concedergli uno sconto.
Errori tragici, dal momento che l’attuale valore di mercato di quei disegni, debitamente siglati e datati, si aggira intorno ai diecimila euro. Ormai i dipinti di Richter toccano nelle aste internazionali cifre da capogiro: dopo il boom nel 2007, quando il suo fatturato ha superato i tre milioni di dollari in un anno, dal 2017 cresce gradualmente, ogni anno di più, tanto che nel 2021 i suoi prezzi in asta sono cresciuti dell’82% e si stima che il valore delle sue opere sia raddoppiato rispetto a dieci anni fa.
Un passato da assistente di Albert Oehlen, altro pittore tedesco rampante, fino al 2000 Richter ha realizzato solo quadri astratti. Per lui, d’altra parte, quasi tutto è astrazione. Ogni immagine, dice, “non è altro che un’astrazione della realtà, e l’astrazione come metodo artistico è legata in modo indissolubile a un’ideale di purezza”. Con il nuovo millennio, tuttavia, è approdato a una personalissima interpretazione della pittura figurativa, mantenendo comunque stretti legami, negli sfondi e nel trattamento della materia, nei colori brillanti e nello stile psichedelico, con l’astrazione praticata negli anni precedenti.
In quasi tutti i suoi quadri sotto un motivo figurativo se ne percepisce chiaramente uno astratto, mentre accanto a elementi meticolosamente rifiniti si notano macchie e gocciolature che evocano la storia della ricerca astratta nei suoi passaggi più emozionanti: può sembrare una trasformazione radicale, ma nel caso di Richter è invece un’evoluzione della poetica astratta degli anni Novanta verso un’arte narrativa che recupera la pittura di storia, reinterpretandola con gli occhi della contemporaneità.
Se la pittura di storia tradizionale era aperta a una sola interpretazione, le sue immagini sono invece sempre difficilmente decifrabili, perché in ultima analisi Richter vuole dipingere l’ambiguità del mondo. I soggetti dei suoi quadri, grandi spazi pittorici costruiti come un palcoscenico popolato da una moltitudine di figure spettrali, che agiscono ai bordi della composizione e sembrano sul punto di entrare nello spazio dello spettatore, sono presi dalle pagine dei quotidiani e dei libri di storia, dai fumetti e dalle copertine dei dischi. Spesso si riferiscono a qualche evento politico contemporaneo e trasmettono sempre sensazioni inquietanti, conflittualità, minaccia o violenza più o meno nascosta, che sembrano appena uscite dal peggiore degli incubi.
I colori violenti sono, secondo Richter, “come una pubblicità per il quadro”, un chiaro modo di attirare l’attenzione, ancor più di quanto accaduto in passato: le sue opere d’altronde traboccano di riferimenti all’arte del passato, da Goya a Manet, da Gauguin a Munch.
Professore all’accademia di Vienna dopo esserlo stato in quella di Berlino, ex punk e proprietario di una piccola etichetta discografica indipendente che produce punk tedesco e hip hop, Richter ha le idee chiare, nella musica come nella pittura: “Realtà, non esiste altro. Direi che la pittura è il prolungamento della realtà, piuttosto che un sogno. Se i quadri parlassero dei sogni non significherebbero nulla. Il lavoro dell’artista è descrivere la realtà o, almeno, la sua essenza”.
Nelle sue opere, Richter ha descritto in modo efficace le immagini paranoiche dei suoi dipinti come se fossero catturate da una macchina fotografica con la pellicola sensibile ai raggi infrarossi: il mondo che emerge dalle tele di Richter è un universo sensibile al colore, angosciante e preoccupante, che però si limita ad allarmare, senza spaventare. “È soltanto un quadro, frozen time”, disse d’altronde una volta, sorseggiando una birra.
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