Gli arazzi Gobelins

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GLI ARAZZI GOBELINS

Il nome Gobelin comparve per la prima volta nella storia quando il fiammingo Jehan Gobelin affittò, il 23 agosto 1443, una casa la cui facciata si apriva su Rue Mouffetard, nell’attuale V Arrondisment di Parigi, mentre il retro dava sulla Bièvre, un piccolo affluente della Senna oggi ricoperto nel suo tratto parigino. In quella casa, Jehan Gobelin installò un laboratorio dove esercitava il mestiere di tintore e nel quale ottenne una discreta reputazione in particolare per la sua abilità nell’ottenere il colore rosso scarlatto.

Il nome della famiglia fiamminga in questione era quindi con ogni probabilità Gobelin, ma ben presto si aggiunse una S finale a indicare, forse, la pluralità dei suoi membri impegnati nell’arazzeria. La fama dei Gobelins divenne talmente elevata da arrivare successivamente a far identificare il nome stesso della famiglia con i suoi manufatti, trasformando “gobelin” in un termine generico per designare l’arazzo, indipendentemente da quale sia la sua provenienza.

Fino al 1601, i discendenti della famiglia Gobelin si occuparono dell’industria, per poi passare a professioni più elevate: Balthasar Gobelin divenne presidente della Corte dei Conti, mentre suo figlio, marchese di Brinvilliers, sposò Marie Madeleine de Dreux d’Aubray, che divenne successivamente assai celebre, in senso negativo, per aver avvelenato tutta la famiglia.

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LA NASCITA DELLA MANIFATTURA GOBELINS

Nonostante questo innalzamento del ruolo, però, l’originale mestiere non andò perduto, perché certi parenti dei Gobelins di origine italiana, i Canaye, presero in mano l’industria affiancandovi un laboratorio di arazzeria: furono proprio loro a creare, agli inizi del XVII secolo, i primi arazzi di alto liccio, destinati successivamente a diventare la gloria della Manufacture Royale.

Nella stessa epoca Enrico IV, volendo incoraggiare le arti applicate, fece venire dalle Fiandre alcuni licciai, tra cui Franz van den Planken (trasformato successivamente nella versione francese, ossia Francois de La Planche) e Marc de Comans, i quali, associatisi nel 1601, aprirono una manifattura con privilegi esclusivi per quindici anni, comprendenti l’esenzione dalle tasse e dalle imposte sulle materie prime oltre al conferimento di un titolo nobiliare; dal canto loro i due artigiani si impegnavano ad addestrare apprendisti e a non vendere i loro prodotti ad un prezzo più elevato di quelli dei colleghi fiamminghi.

Ben presto i Gobelins e i loro parenti Canaye cedettero l’azienda a La Planche e a Comans, i cui privilegi furono prolungati fino al 1633: nacque così, grazie ad un’iniziativa prettamente privata, la prima manifattura dei Gobelins.

Se il laboratorio dei due artigiani operò fin circa al 1667, anche grazie al lavoro di discendenti e successori, nel 1656 un successore dei Canaye, l’olandese Jan Gluck, fece venire da Bruges il licciaio Jan Liansen (noto in Francia col nome di Jans), che si installò anch’egli sulla riva della Bièvre ed il cui talento diventerà assai rinomato in Francia.

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CRISI E RINASCITA SOTTO LUIGI XIV

I primi anni di regno di Luigi XIV provocarono però la decadenza dei vari laboratori fioriti durante il regno di Enrico IV e di Luigi XIII. Si dovette a un’iniziativa privata, quella del sovrintendente alle Finanze Nicolas Fouquet, la rinascita dell’arte dell’arazzeria, che sfociò per l’appunto nella creazione della Manufacture Royale des Gobelins. Il ministro desiderava infatti decorare sontuosamente il suo castello di Vaux-le-Vicomte, e pertanto decise di stabilire nel vicino villaggio di Maincy una manifattura che cominciò a lavorare nel 1658.

Due anni dopo, il Re di Francia rilasciò lettere e documenti in grado di trasformare Maincy in una manifattura privilegiata di arazzi d’alto liccio. Alla direzione fu nominato il pittore Charles Le Brun, alle sue dipendenze lavoravano svariati autori di cartoni di ottimo livello, primo fra tutti Jean Lefebvre.

Quando però, nel 1661, Fouquet cadde in disgrazia con tanto di arresto e confisca dei beni, il laboratorio di Maincy venne chiuso ed il gruppo degli artisti che vi lavorava all’interno rischiò la dispersione. Luigi XIV, però, spinto da Colbert, ordinò di riassumere tutta la manodopera e nel 1662 diede ordine di raggruppare in uno stesso luogo tutti i laboratori di arazzeria allora dispersi per Parigi e a Maincy, allo scopo di sostituire il mecenatismo privato con quello regale.

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Difatti, mentre coi suoi ateliers della Galleria del Louvre Enrico IV voleva solo incentivare l’economia del regno, Luigi XIV mirava a ottenere un risultato politico: la creazione delle numerose fabbriche doveva servire anche alla glorificazione dello stato e del suo monarca.

Il sovrano di Francia scelse di ubicare la manifattura nella vecchia casa dei Gobelins, che fu appositamente acquistata dalla Corona il 6 giugno 1662. I primi laboratori furono quattro: tre erano ad alto liccio, con a capo Jan Jans padre (cui subentrò il figlio nel 1668), Jean Lefebvre e Henri Laurent, ed uno solo era a basso liccio, alla cui direzione c’era Jean de Lacroix.

ALTO E BASSO LICCIO

Come funzionava questa manifattura, che fu subito abitualmente chiamata “dei Gobelins”?

I licciai abitavano con la famiglia nella cinta della fabbrica, conservando i privilegi già rilasciati da Enrico IV; venivano loro forniti gli strumenti di lavoro (lana, seta, fili d’oro e d’argento), il cui corrispettivo in denaro veniva poi trattenuto al pagamento delle opere acquistate dal re; infine, compatibilmente con gli impegni già assunti, erano liberi di lavorare per la clientela privata.

Dipendevano comunque da un direttore, a cui spesso spettava la scelta dei soggetti, per cui sì assistette a un vero e proprio rigidismo estetico, che si tradusse però anche in una notevole perfezione nella realizzazione dei temi scelti.

A dir la verità, la tecnica tradizionale della lavorazione degli arazzi non ha subito molti mutamenti nel corso dei secoli. Costituita dall’intreccio manuale dei fili di ordito e di trama (questi ultimi, di vari colori, ricoprono totalmente i fili di ordito che servono da armatura), l’opera tessuta può essere eseguita su un telaio ad alto o basso liccio. La distinzione fra queste due tecniche riguarda essenzialmente la posizione dell’ordito, che è tendenzialmente orizzontale nel basso liccio e verticale nell’alto liccio. Questa distinzione comporta quindi una particolare costruzione dei telai e implica determinati gesti da compiere durante la tessitura, ma in entrambi i casi il tessuto presenta il medesimo aspetto.

La Manifattura dei Gobelins e quella di Beauvais originariamente utilizzavano entrambe le tecniche; nel 1825, però, i telai a basso liccio furono soppressi presso i Gobelins e inviati a Beauvais, dove già da circa un secolo si lavorava utilizzando esclusivamente questa tecnica.

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Come accennato, nell’alto liccio il telaio è verticale, con due montanti in legno o in ghisa a sostenere i subbi, ossia dei cilindri mobili di legno disposti parallelamente. L’ordito, costituito di fili di lana bianca su cui passano i fili colorati della trama, è verticale, teso su ciascun subbio. L’ordito è diviso in due strati di fili pari e dispari da tubi di vetro. L’arazziere raccoglie con la mano sinistra il numero di fili necessari al motivo e passa il fuso di legno ricoperto dai fili di trama fra i due strati. Dopo questo primo passaggio, l’arazziere porta avanti lo strato posteriore con una trazione della mano sinistra sui licci e ottiene così l’incrociarsi dei fili.

Il movimento del fuso in senso inverso costituisce una battuta di trama che, una volta compressa da un pettine di metallo, dissimula completamente l’ordito. L’arazziere, seduto di fronte alla luce, lavora sul rovescio dell’arazzo e sorveglia l’andamento del lavoro con uno specchio. Dietro l’arazziere (dettaglio che rappresenta probabilmente l’innovazione più importante introdotta dai Gobelins a partire dal 1750) è sistemato il cartone di cui egli ha preso un calco che gli permette di tracciare, su ogni filo dell’ordito, dei punti di riferimento corrispondenti alle linee principali della composizione.

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Nel basso liccio, invece, il telaio è orizzontale. L’ordito è teso orizzontalmente sui subbi, sistemati parallelamente a 1,50 m l’uno dall’altro e sostenuti da due montanti. Al contrario dell’alto liccio, tutti i fili dell’ordito sono sistemati nei licci collegati essi stessi al licciolo (barra di 40 cm sistemata sotto il telaio). Le calcole, ossia i pedali azionati dall’arazziere, consentono di ottenere l’apertura dell’ordito e la sua divisione in fili pari e dispari che alternativamente si alzano e si abbassano. L’arazziere solleva con la mano sinistra un certo numero di fili corrispondenti al disegno e inserisce fra i due strati la navetta di legno utilizzata per spostare i fili colorati della trama.

Dopo questa prima mandata della spola, il filo di trama è compresso da un utensile di avorio o di legno. Per mezzo delle calcole, l’arazziere inverte i fili pari e dispari facendoli intrecciare; solo allora effettua la seconda mandata della spola, che poi comprime fortemente con il pettine (di avorio, ferro o legno). L’arazziere lavora di fronte alla luce, sul retro dell’arazzo: il cartone gli è dietro, un calco è fissato sotto l’ordito.

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LA CHIUSURA E LA RIAPERTURA

In un primo tempo i Gobelins portarono a termine gli arazzi iniziati a Maincy per Fouquet, raffiguranti la Fama, Marte col suo Carro Trionfale, la Storia di Costantino (realizzata su cartoni di Le Brun dalle Stanze di Raffaello in Vaticano), la Storia di Meleagro e la Storia di Mosè.

A partire dal 1664 nuovi modelli furono disegnati espressamente per i Gobelins: gli Elementi e le Stagioni, veri e propri inni alla gloria del re, particolarmente notevoli per le iscrizioni delle bordure, dovute a membri della cosiddetta Petite Académie, che doveva poi chiamarsi Académie des Inscriptions et Belles Lettres.

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Ben presto il desiderio di magnificare il re divenne ancor più evidente quando, dal 1664 al 1680, fu eseguita la Storia di Alessandro, in cui il parallelismo col Re Sole era trasparente. L’apice sarebbe stato raggiunto con l’Histoire du Roi, destinata a celebrare gli eventi capitali del regno di Luigi XIV: in questa serie, ci si compiacque di far comparire alcuni dei sontuosi oggetti d’argento che la Manifattura dei Gobelins, divenuta nel 1667 Manufacture Royale des Meubles de la Couronne, fabbricava insieme ai mobili, ai tessuti e a tutto ciò che serviva per arredare i palazzi del sovrano.

I laboratori furono chiusi nel 1694 e riaperti solo nel 1699. Da allora in poi, la Manifattura operò in maniera completamente diversa: la riproduzione fedele di dipinti già esistenti prese il sopravvento sulle creazioni originali che per trent’anni avevano fatto la gloria delle arazzerie Gobelins.

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