Giovanni Boldini

Giovanni Boldini, Giovanni Boldini, Rome Guides

GIOVANNI BOLDINI

Un’analisi superficiale della sua personalità e delle opere da lui realizzate proporrebbe il ferrarese Giovanni Boldini come un artista irrequieto, frenetico, intemperante, sovente colto da fulminei raptus creativi. In gran parte, la responsabilità di tale fama va attribuita a Sidonie-Gabrielle Colette, la nota scrittrice francese la quale, dopo una visita al suo studio parigino di Boulevard Berthier, descrisse l’incontro a forti tinte, tramandando l’immagine di un Boldini che, dimentico della sua presenza, dipingeva con foga chiassosa immedesimandosi totalmente nell’opera.

La vita di Boldini fu in realtà un lungo viaggio personale ed artistico. Se Parigi fu la corte dove il pittore ferrarese regnò per oltre mezzo secolo, Londra fu infatti la premessa e la prova generale della sua lunga e stupefacente carriera d’artista.

Boldini arrivò a Londra nel maggio 1871 e vi soggiornò per circa cinque mesi. Sir William Cornwallis-West gli mise a disposizione il suo atelier e lo introdusse nella “high society” londinese. La duchessa di Westminster, la principessa di Pless, lady Beckis e lady Holland passarono tutte per il suo studio, e tutte lasciarono sulle sue tele un movimento congelato nell’attimo stesso in cui si compiva.

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Boldini smaniava però di tornare a Parigi, dove si era recato quattro anni prima in occasione dell’Esposizione Universale. La città era allora più viva che mai, ed in essa confluiva da ogni parte l’aristocrazia dell’arte, della cultura, del sangue e del denaro: “Quando giunsi a Parigi la città era invasa da una quantità di americani, i quali compravano qualunque cosa purché fosse pittura. Quando nelle famiglie si doveva scegliere un mestiere redditizio per un figlio, si diceva che lo si doveva fare pittore, poiché bastava dipingere per guadagnare”.

Boldini dunque tornò nella capitale francese durante l’autunno del 1871; sbarcò a Montmartre, come era d’obbligo per ogni artista, e prese casa al numero 12 di Avenue Frochot. A Parigi visse per più di sessant’anni, raggiungendo un successo che a pochi artisti è dato conoscere in vita. Fu una vita lunghissima, quella di Boldini: nato nel 1842 e morto nel 1931, ebbe decisamente molta acqua passata sotto il proprio ponte e visse in prima persona i molteplici climi artistici che condizionarono l’Europa per quasi un secolo.

IMPRESSIONISMO E FUTURISMO IN GIOVANNI BOLDINI

Proprio a Parigi, Boldini si legò di profonda amicizia con Degas, Sisley, Helleu, Manet, Helleu e Gourgat (universalmente noto con lo pseudonimo di Sem): con questi ultimi due si incontrava quasi ogni giorno per lunghe passeggiate lungo i sentieri del Bois de Boulogne, mentre con Degas, più anziano di lui di otto anni, coltivò un’amicizia che durò per tutta la vita, andando a visitare assieme la Spagna e il Marocco.

Vicini nelle passioni, Degas e Boldini erano ugualmente uniti dallo stesso amore per l’arte come attimo congelato, come istantanea dell’animo, come “impressione”. Ciò nonostante, per quanto la si possa forzare, la pittura di Boldini non fu mai “impressionista” nel senso comunemente dato a questo termine: egli rifuggiva infatti dal colorismo troppo accentuato, dalla dilatazione della luce propria di quel movimento artistico.

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Un altro grande italiano emigrato in Francia, come il barlettano Giuseppe de Nittis, tentò un allineamento al nuovo fenomeno artistico francese: quest’ultimo amava le luci di Parigi, così diverse da quelle dell’Italia, limpide e robuste, legate a un mondo solare e sempre pronte a descrivere un naturalismo caldo e contrastato, dove la natura viene colta in contrasto con l’eleganza dell’aristocrazia francese. Boldini, da parte sua, non cadde mai in questa “ossessione della natura”, senza finire (come scrisse Ungaretti) “accecato dal fenomeno fisico”.

A detta di alcuni critici, Boldini potrebbe invece essere definito come “un futurista ante litteram, un artista che intuì la validità e la potenza di tutti quei temi dei quali il futurismo si sarebbe più tardi impossessa to. Il movimento e la dinamica che pervadono le sue opere, specialmente quelle della maturità, diluiscono l’analisi del particolare nella potente dinamica dell’azione. Nei suoi ritratti di donne il vero protagonista è il movimento, che si impossessa della tela e ne stravolge l’originaria missione descrittiva, per farne un’astrazione pregna di valenze simboliche.

LE DONNE E LA NATURA

Boldini fu soprattutto un sensuale pittore di donne: sensuale quando le amava (e ne amò parecchie), e ugualmente sensuale (forse molto più potentemente) quando le ritraeva.

Non furono pochi i mariti delle effigiate che si lamentarono dell’eccessiva sensualità dei ritratti che il maestro aveva realizzato. In essi le loro serie consorti, pur se formalmente impeccabili, parevano emanare un’aura così potentemente sensuale da sconvolgerli. Un seno appena accennato, una spalla che delicatamente si mostrava, forse soltanto una luce negli occhi: tutto ciò faceva sì che le più belle dame dell’aristocrazia e le migliori mogli della borghesia dell’Ottocento divenissero nei suoi quadri donne vere ed autenticamente femminili.

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Boldini non fu però solo l’artista che dipinse dame belle, ricche, famose, sensuali, capricciose e snob. Egli fu anche in grado di cogliere il resto del mondo: se è vero che Boldini amò soprattutto gli interni e le luci artificiali, contrassegnati da profondi sfondi neri, è anche vero però che riprese la natura in modo quasi kitsch, con luci illividite, senza il minimo surriscaldamento solare. Tutto, ancor più nei suoi disegni e nelle sue litografie, suonava ‘‘freddo’’ e sotto controllo: per questo, di fronte a molti suoi lavori, sembra di assistere a una ‘‘sensibilizzazione’’ della tela, quasi essa fosse una lastra fotografica, pronta a registrare una lunga posa.

In questa operazione Boldini lancia si lega proprio alla tecnologia della fotografia, che registra il mondo come appare, sbirciando proprio attraverso quella soglia che, come detto, si aprì nella sala successiva, quella della grande stagione futurista.

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