La Deposizione di Caravaggio

La Deposizione di Caravaggio, La Deposizione di Caravaggio, Rome Guides

LA DEPOSIZIONE DI CARAVAGGIO

La tela della Deposizione di Cristo, attualmente conservata nella Pinacoteca Vaticana, viene dipinta da Caravaggio per una cappella della Chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma. A seguito del trattato di Tolentino del 1797, su specifica disposizione dei Francesi, viene rimossa dall’altare e consegnata all’architetto Giuseppe Valadier. Poco tempo prima era stata copiata dal pittore Michele Koeck (la cui copia si trova oggi proprio nella suddetta chiesa).

L’opera viene poi trasferita a Parigi e nel 1816 ritorna finalmente a Roma, in seguito alla famosa missione che l’ambasciatore Antonio Canova fa per riportare in Italia le opere trafugate nel periodo napoleonico: la Deposizione non viene però più ricollocata nella sede originale, preferendosi conservarla in Vaticano (oggi presso la Pinacoteca Vaticana: l’opera è visibile con Rome Guides, prenotando il Tour di San Pietro e Musei Vaticani nella sua versione estesa).

LA CAPPELLA A SANTA MARIA IN VALLICELLA

La vicenda della commissione lega profondamente la tela caravaggesca alla storia di Santa Maria in Vallicella, la cosiddetta “Chiesa Nuova” voluta da San Filippo Neri. Il 13 giugno 1577, infatti, Pietro Vittrici, figlio spirituale di San Filippo Neri e legatissimo a Papa Gregorio XIII, ottiene il privilegio di poter disporre di una cappella dedicata alla Pietà all’interno della Chiesa Nuova, alla cui costruzione egli aveva collaborato aiutando economicamente gli oratoriani. Nel 1580 Vittrici si accorda con i Padri Filippini per dotare la suddetta cappella di un patrimonio di mille scudi destinati alla sua decorazione, ma nel 1588 il progetto originario della Chiesa Nuova subisce delle modifiche: difatti, per risolvere alcuni problemi statici, si decide di attuare lo sfondamento delle cappelle laterali per aggiungere due navate minori.

A dispetto delle dimensioni decisamente più esigue, Vittrici assume comunque l’impegno di decorare la nuova cappella, ma la sua morte all’inizio del 1601 lascia l’onore e l’onere sulle spalle del nipote Gerolamo, che commissiona il lavoro proprio a Caravaggio.

IL CONTESTO ICONOGRAFICO DELLA CHIESA NUOVA

La Deposizione di Caravaggio deve quindi essere letta proprio nel contesto della sua destinazione originaria, ossia all’interno della cappella che Vittrici, penitente oratoriano, volle costruire a proprie spese nell’ambito dell’iconografia di Santa Maria in Vallicella.

Nelle due navate laterali di Santa Maria della Vallicella sono infatti rappresentati, cappella dopo cappella, i Misteri del Rosario: a sinistra i misteri gaudiosi, a destra e nel transetto i misteri dolorosi e quelli gloriosi. Tali misteri puntano a ricordare gli eventi salienti della vita di Cristo, dall’Annunciazione fino all’Incoronazione di Maria, seguendo tre tappe fondamentali: il gaudio, il dolore e la gloria.

Il percorso, in tal senso, è chiarissimo: nella prima cappella si distinguono i primi quattro misteri dolorosi, con sull’altare la Crocifissione di Scipione Pulzone e nel catino absidale le opere di Giovanni Lanfranco (Flagellazione, Incoronazione di spine, Gesù nell’orto), mentre nella seconda la Deposizione di Caravaggio è affiancata anche dal primo dei misteri gloriosi, la Resurrezione. In questa cappella, quindi, il momento del dolore sconfina nell’attimo della gloria.

LA SACRA RAPPRESENTAZIONE

La tela di Caravaggio va quindi letta nell’ambito di questo contesto iconografico.

Il pittore allestisce una grande scena teatrale, interpretando le sacre rappresentazioni medievali con la dottrina teologica successiva al Concilio di Trento e contrassegnata dalla fortissima figura ispiratrice di Federico Borromeo.

Lo schema compositivo è organizzato su un maestoso gruppo di figure, quasi scultoreo, costruito su una linea curva diagonale che congiunge l’angolo inferiore sinistro all’angolo superiore destro, creando un andamento che scorre sulle figure sia in senso discensionale che ascensionale. In questo modo nell’osservatore si crea una tensione dinamica: lo sguardo accompagna la deposizione verso il basso, ma contemporaneamente rimbalza in senso opposto, finendo sul volto della fanciulla che ha le mani tese verso l’alto.

Il racconto evangelico è qui sintetizzato, come è solito fare Caravaggio, in un’azione che scorre nel tempo, seppure essa sia staticamente bloccata in un’immagine pittorica: si tratta di un dipinto che da un lato racconta ciò che sta accadendo e dall’altro allude a ciò che avverrà subito dopo (la Resurrezione, presente a livello decorativo proprio nella stessa cappella).

LE TRE MARIE 

Caravaggio rappresenta nella sua Deposizione le tre donne che si trovavano presso la croce di Gesù: la Madonna, Maria di Cleofa e Maria Maddalena.

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La madre di Gesù distende le braccia, quasi a voler misurare fisicamente il corpo di suo Figlio e tutto lo spazio attorno ad esso, accompagnandolo con il capo chino verso il basso nella deposizione nel sepolcro. La mano destra vorrebbe sfiorare il volto di Cristo, in un ultimo gesto d’amore per la madre verso il figlio morto, ma non arriva a toccarlo, parzialmente ostruita dai due uomini che sorreggono il cadavere.

Caravaggio si attiene alle direttive di veridicità a lui assai congeniali e dipinge la Madonna come una donna ormai anziana, abbigliandola come previsto dalla tradizione, nei due colori azzurro e bianco, che vira leggermente verso il rosa.

Al fianco di Maria vediamo una giovane immersa in un pianto dirotto, che adopera un fazzoletto per asciugare le proprie lacrime. Il pianto è attributo teologico di Maria Maddalena, che fu insieme testimone della morte e della resurrezione di Cristo: fu lei a restare presente ai piedi della croce di Cristo, fu lei ad ungerne il corpo, fu lei a non abbandonare il sepolcro quando ormai tutti i discepoli si erano allontanati, e fu sempre a lei per prima che Cristo apparve dopo la resurrezione.

La terza donna è Maria di Cleofa, la più esplicita nella manifestazione del proprio dolore, con le mani protese e lo sguardo verso l’alto, in un gesto che è al contempo di patimento e di invocazione, e che in qualche modo avvicina alla resurrezione. La vicinanza della pianta di fico, pianta cristologica di salvezza, rafforza l’allusione alla resurrezione.

IL CORPO DI CRISTO

Se nella rappresentazione delle figure femminili Caravaggio si allinea ad una reiterata tradizione, è nelle figure maschili che la sua genialità esplode in pieno.

Il personaggio centrale è ovviamente Cristo morto, ma è il suo contorno a farlo rientrare in una specifica parentesi cronologica: da un lato c’è il sepolcro che ne ricorda la morte, dall’altro la mano destra che indica il terzo giorno, ossia la via eterna dopo la resurrezione.

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Per la figura di Cristo, Caravaggio esamina con attenzione una moltitudine di modelli, il primo dei quali deve ovviamente essere considerato Tiziano Vecellio e la sua Deposizione nel Sepolcro, dipinta nel 1559 ed oggi conservata al Museo del Prado a Madrid. Osservandolo, si nota il corpo di Cristo totalmente abbandonato, con le gambe piegate ed il braccio cadente, che ancora fuoriesce dal sarcofago sorretto da Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo, l’uno dai piedi e l’altro dal busto.

La Deposizione di Caravaggio, La Deposizione di Caravaggio, Rome GuidesNon può non citarsi, ovviamente, anche la celeberrima Pietà di Michelangelo, in cui le similitudini non sono solo nel Cristo (le gambe piegate, il braccio cadente, la spalla sollevata verso l’alto) ma persino nella Vergine Maria, che in entrambe le opere allarga verso l’esterno il braccio sinistro.

Infine, seppur assai meno conosciuto, merita un accenno anche il Compianto su Cristo Morto dipinto nel 1534 dal Savoldo, pittore studiato da Caravaggio durante il suo primo addestramento in Lombardia presso il pittore Simone Peterzano. In entrambe le opere, la mano sinistra di Cristo è poggiata sul fianco di un corpo raffigurato di tre quarti, con la consueta Madonna che si piega pietosamente verso il Figlio, stendendo verso l’esterno il proprio braccio sinistro.

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SAN GIOVANNI E NICODEMO

Agli estremi di Cristo ci sono due figure maschili, che ne sorreggono il corpo.

Il giovane vestito con una tunica verde e un mantello rosso non può che essere Giovanni, “il discepolo più amato”. Non è un caso che Caravaggio scelga di inserire nella scena l’apostolo evangelista: il dipinto, infatti, altro non è che una fedele ricostruzione proprio del Vangelo di Giovanni.

La Deposizione di Caravaggio, La Deposizione di Caravaggio, Rome GuidesAll’altra estremità, un uomo barbuto e scalzo regge le gambe di Cristo. Vestito di un abito coloro marrone, guarda verso lo spettatore e socchiude le labbra, quasi fosse sul punto di emettere parola. Non è un semplice comprimario: è in primissimo piano, il più vicino di tutti al pubblico, in una posa poderosa che ne ostenta la presenza, totalmente chino sul corpo morto di Cristo.

Per conoscere l’identità del personaggio, è necessario rifarsi pedissequamente alla narrazione della deposizione fatta dall’evangelista Giovanni: “vi andò anche Nicodemo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e aloe di circa cento libbre”. Giovanni è l’unico evangelista a parlare di Nicodemo, ed è proprio questo personaggio a dettare la chiave di lettura dell’opera di Caravaggio.

Giovanni, infatti, parla di Nicodemo per la prima volta in occasione del dialogo notturno con Gesù.

Nicodemo domanda a Cristo: “Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?”.

Gesù allora risponde: “Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio”.

Il cuore del dialogo è quindi il binomio fra vita e morte, con Gesù che parla della morte come di un necessario passaggio per la vita e Nicodemo che non riesce a staccarsi dalla propria “condizione mortale” vedendo il rinascere solo e soltanto come un ritorno nel ventre materno.

Il loro dialogo è un incontro ed al contempo uno scontro fra la prospettiva umana e quella divina, con la morte che segue la nascita e che viene a sua volta seguita da un’altra nascita, non rappresentando quindi un limite finale, ma un punto intermedio.

Giovanni incontra nuovamente Nicodemo proprio al momento della sepoltura di Cristo. Lo riconosce come un ebreo colto e influente, che di nascosto ha seguito Gesù e che di fronte alla sua morte esce con coraggio allo scoperto per reclamarne il corpo.

NICODEMO COME ARTISTA

Quello di Caravaggio è però un Nicodemo anomalo. Nel dipinto di Tiziano, infatti, la figura di Nicodemo è abbigliata in modo consono al suo rango ed al suo ruolo sociale, essendo egli fariseo e capo dei Giudei. Quello di Caravaggio è invece rude, scalzo e vestito con una casacca da lavoro.

Ma quale lavoro?

La Deposizione di Caravaggio, La Deposizione di Caravaggio, Rome GuidesNella Legenda Aurea, Jacopo da Varazze narra la leggenda secondo cui Nicodemo avrebbe realizzato un celebre ritratto di Gesù, ossia il crocifisso miracoloso di Beirut, che si lega ad un’interminabile serie di crocifissi miracolosi.

Nicodemo assume un ulteriore significato: egli è un artista, anzi è addirittura il capostipite degli artisti sacri, in quanto diretto testimone della Passione di Cristo.

Ma quel Nicodemo, agghindato con la blusa lavorativa di un artista, non è solo pittore, ma anche scultore. Quel naso storto e quelle guance scavate regalano al viso un’inconfondibile somiglianza con il busto di Michelangelo Buonarroti realizzato da Daniele da Volterra, esposto oggi alla Casa Buonarroti. È lo stesso Michelangelo che aveva già ritratto se stesso in Nicodemo nella celebre Pietà Bandini, conservata presso il Museo dell’Opera del Duomo. Lo stesso Tiziano, a livello pittorico, aveva fatto lo stesso.

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CARAVAGGIO COME NUOVO MICHELANGELO

Caravaggio, ossia Michelangelo Merisi, guarda all’arte prodotta dal Buonarroti come ad un contenitore dal quale pescare elementi che egli possa rimaneggiare e ricollocare all’interno delle mutate esigenze dell’arte nel XVII secolo.

Ecco allora il grande scultore, che ha gareggiato con gli antichi maestri e che ha prevalso su di essi, vestito umilmente e a piedi nudi: un primo Michelangelo rievocato da un secondo Michelangelo.

Il Buonarroti rievocato dal Merisi.

Caravaggio assolve quindi in modo perfetto alla richiesta della commissione: la sua Deposizione parla di vita e morte nello stesso momento, ma è anche una grande icona, un esemplare manifesto d’arte. Nicodemo è il perno, l’ingranaggio fondamentale di tale rappresentazione.

In ultima istanza, quindi, Michelangelo-Nicodemo è lo stesso Caravaggio, che guardandoci vuol farci comprendere come l’artista sia sempre il principale protagonista della propria opera, essendone testimone diretto.

Dipingere, infatti, non è solo gesto tecnico, ma esercizio di vita vissuta, a piedi nudi e con mani sporche del proprio lavoro.

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3 pensieri su “La Deposizione di Caravaggio

  1. dino dice:

    P.S. Leggo (“Pinacoteca Vaticana” ENEL-Fabbri 1992) che i lineamenti del volto di Nicodemo, ricorderebbero quelli della maschera funebre di San Filippo Neri, sepolto nella chiesa di Santa Maria in Vallicella, dove (cappella Vittrice) fu allocata l’opera caravaggesca, dove restò fino al 1797 (furto napoleonico) e dove mai più tornò.

    • Vincenzo dice:

      Legge bene 🙂 Il fatto è che di tale verosimile somiglianza, al di là di congetture, non c’è documentazione certa, cosa che ci permette di lasciarci andare a qualche fantasiosa suggestione: è in ogni caso suggestiva come ipotesi, considerata la visione che il “Socrate Cristiano” (come San Filippo Neri era solito essere chiamato nei sofisticati ambienti nobiliari) aveva del rapporto con Dio, diretto e personale.

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