Le vetrate di Duilio Cambellotti

Le vetrate di Duilio Cambellotti, Le vetrate di Duilio Cambellotti, Rome Guides

LE VETRATE DI DUILIO CAMBELLOTTI

Mentre Art Nouveau, Liberty e Jugendstil si espandevano in tutta Europa, scuotendo dalle fondamenta gli schemi, i modelli e la filosofia stessa delle arti applicate e degli oggetti d’uso, in Italia il nuovo stile si faceva largo a fatica tra i cascami dell’eclettismo di fine secolo e le mollezze del gusto floreale.

Tra gli artisti che meglio interpretarono i dettami del nuovo gusto, il romano Duilio Cambellotti, energica figura di artigiano creativo impegnato su vari fronti artistici, fu tra i più vigili e pronti nel recepire le formulazioni d’Oltralpe: le vetrate di Villa Torlonia a Roma, realizzate in perfetta simbiosi con le strutture architettoniche, raffigurano perfettamente l’estro e l’abilità di questo grande protagonista del Liberty italiano.

LA CASINA DELLE CIVETTE

All’interno della struttura di Villa Torlonia, la Casina delle Civette sorge a mezza costa fra il Teatro e il Campo dei Tornei, proprio dove cominciano gli avvallamenti e i movimenti di terreno artificiali ideati da Giuseppe Jappelli per consentire “l’illusione di un parco romantico in uno spazio inesistente”.

Il complesso di Villa Torlonia, ricco di spunti naturalistici e di espressioni favolistiche, è il risultato di una collaborazione creativa fra il già citato Duilio Cambellotti, nobile artefice “modernista” che ama svariare in vari settori (dal cartellone alla grafica, dalla vetrata all’oggetto di arredamento), ed un giovane architetto agli inizi della carriera, Vincenzo Fasolo.

Ambedue vengono infatti chiamati dai Torlonia per rinnovare, tra il 1914 e il 1918, l’antica capanna dello Jappelli, un tipo di edificio che rientrava nel gusto dei divertissements settecenteschi, come quello del Trianon di Versailles. Sarà di stimolo il vicino Campo dei Tornei, con finte tende scolpite in peperino e dipinte, creato dallo Jappelli, architetto alla moda avvezzo a inseguire sogni di sapore tudoriano nei suoi giardini padovani, dove il gusto per l’alchimia si mescola al racconto gotico di sapore anglosassone, le serre moresche alle torri medioevali evocanti le pratiche occulte dei Cavalieri Templari. Fasolo, sebbene ben più giovane del suo collega, vuole comunque essere attento interprete di identiche sollecitazioni per una committenza esigente come quella dei Torlonia, concretamente connessa alla moda del tempo.

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Il motivo dell’antica capanna viene quindi accentuato dal carattere neogotico del prospetto, quasi si trattasse della facciata di una chiesa, mentre l’intero complesso viene arricchito da un repertorio fantasioso e gustoso, costituito da scale, merli e tetti spioventi con tegole di ceramica colorata. Ovunque traspare la ricerca del particolare disegnato con perizia: l’elemento decorativo dell’architettura, cavallo di battaglia del Liberty, non sfugge alla sensibilità di Fasolo, diventando anzi il fattore determinante della sua felice vena creativa.

Il binomio Cambellotti-Fasolo, a Villa Torlonia, risponde così agli intenti, oltre che dei committenti, anche dell’architetto che si serve di Cambellotti per la creazione di preziose vetrate, con motivi freschissimi attinti dalla natura.

DUILIO CAMBELLOTTI

Nei primi decenni del Novecento, Cambellotti è a Roma l’interprete più significativo dei fermenti nuovi che porteranno al Divisionismo sociale e populista e più tardi al Futurismo. Nello stagnante clima romano, oltre all’isola culturale rappresentata dai nomi di Balla, Prini, Pellizza e Buccarini, spicca infatti proprio la proposta cambellottiana di un’arte decorativa e di uno stile grafico ispirati agli esponenti più validi della Secessione viennese, in particolare Mackintosh, e che si estrinseca nelle famose riviste “Fantasio” e “Novissima” per arrivare, nel 1908, alla fondazione della rivista “La Casa”, nella quale, con Cambellotti e il gruppo di intellettuali formato (fra gli altri) da Balla e Prini, si manifestano le prime proposte moderniste antiliberty.

Come più volte ricordato da Gino Severini, Cambellotti faceva parte della giovane e rampante nuova generazione, una bohème artistica composta anche da nomi di primissimo rilievo come Boccioni, Balla e Prini: si trattava di una generazione battagliera, innovatrice e naturalmente antiborghese, le cui finalità procedevano in parallelo con l’interesse paesistico rivolto alla campagna romana, vista spesso dal gruppo in chiave sociale e umanitaria, e quindi nei termini di un messaggio morale sulla condizione contadina nei primi decenni del Novecento.

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Le proposte di Cambellotti sull’arredamento sono la logica conseguenza del suo modernissimo contributo al rinnovamento delle arti decorative e del suo intendimento di essere artigiano della propria opera. Apparsa per la prima volta sulla rivista “La Casa”, tra il 1908 e il 1911, la proposta di uno stile razionale e funzionale avanzata dal gruppo modernista di Marcucci, Bottazzi e Cambellotti postula un nuovo rapporto fra arte e morale configurabile in un neo-medievalismo esplicitamente ispirato alle epoche in cui si era verificata la formazione di una coscienza libera e creativa. Era un’ideale di vita e di arte ispirato “all’architettura della gioia”, in cui l’arte dell’arredamento mostra una nuova armonia di intenti ed un nuovo valore morale oltre che estetico.

LE VETRATE

È proprio in tale clima che si assiste a una rinascita della vetrata artistica grazie a Cambellotti, Bottazzi, Grassi e Picchiarini i quali, nel 1911, rielaborano l’uso dei vetri colorati saldati con il piombo, una tecnica con la quale venivano riproposte le antiche suggestioni cromatiche delle vetrate delle chiese gotiche.

Nasceva così un genere di decorazione preziosa e raffinata, che ben si adattava al villino signorile concepito per soddisfare le esigenze raffinate di chi lo abitava e realizzato, nel caso della rinnovata Casina delle Civette, come organismo isolato, immerso nel verde di Villa Torlonia.

All’interno di questo circuito, Duilio Cambellotti rappresenta senza alcun dubbio l’elemento più talentuoso. Il suo amore per l’arte decorativa aveva radici profonde, nato dalla medesima passione paterna e dalla frequentazione come studente del Museo Artistico Industriale; Cambellotti rivelava anche uno spirito studioso e riflessivo, desideroso di creare un’arte che fosse in grado di adempiere alla missione etica e sociale che le era propria. Il rinnovamento dell’arte decorativa e dell’architettura d’oltralpe, che talvolta trovava in Italia artisti impreparati a tale “rivoluzione”, aveva una rispondenza estremamente positiva in questa via di mezzo fra un artista ed un artigiano, perfettamente consapevole che “l’arte è costruzione e che l’artigiano deve essere costruttore prima e decoratore poi”.

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CAMBELLOTTI E IL LIBERTY

Tutta la produzione di Duilio Cambellotti, manifestando una naturale adesione ai temi dell’Art Nouveau maggiormente legati alla realtà, presenta un timbro assolutamente moderno perché rispondente ai nuovi concetti di bellezza razionale.

L’autentica radice della sua arte è del tutto moderna e innovatrice, come ebbe modo di osservare la critica più attenta già agli inizi del Novecento. Grazie ad un’attenta osservazione della natura, delle persone e delle cose, Cambellotti trae ispirazione anche dalle cose più vicine alle tradizioni locali, sia intese come italianità che come pura e semplice romanità: talvolta l’artista si rivolgerà direttamente alla natura come ispirazione e come guida, avendo sempre bene in mente il suo punto di arrivo costante, ossia la semplicità.

Tutta questa parte teorica viene però accompagnata, quale condizione necessaria e sufficiente per una creazione artistica di altissimo livello, da uno studio pignolo ed accurato del disegno, da realizzare attraverso la verifica della correttezza del modellato.

Se la natura e persino la pittura di paesaggio avevano esercitato un potente stimolo su artisti come il simbolista Sartorio e il divisionista Pellizza da Volpedo, per Cambellotti, oltre al mondo rurale e ai relativi problemi sociali, il contatto con la natura diventa nucleo essenziale della sua attività nel campo della grafica, dell’oggetto d’arte, della ceramica o della scultura, tutte espressioni di una rinata religione del focolare domestico, ma soprattutto interpretabili come messaggi morali. La natura diventa quindi “ispirazione e guida”, evasione dalla città industriale e caotica che condiziona negativamente l’individuo chiuso in una catena di montaggio, come sostenuto anche dal socialista utopistico William Morris, fautore delle Garden Cities inglesi.

LE RONDINI DI CAMBELLOTTI

Questo viscerale amore per la natura si traduce per Cambellotti in alcuni motivi ricorrenti come quello delle rondini, concepito quale “simbolo del nido”, del volo e del movimento. Un volo di rondini è ad esempio presente nel manifesto per l’Hotel des Bains di Rimini del 1905, prima di esserlo nella decorazione di una tettoia per il Villino Bellacci e prima ancora di comparire nella decorazione della Casina delle Civette.

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È sempre sulla rivista “La Casa” che, il 1° aprile 1909, Cambellotti pubblica un testo sul volo delle rondini che è un’applicazione all’architettura del motivo ornamentale desunto dall’idea del nido e del volo, al fine di applicarlo a fregi e modanature: “I motivi decorativi qui espressi sono la risultante delle impressioni che per lungo tempo fino a oggi ho provato per le piccole abitatrici delle nostre grondaie. La coppa di terracotta che apre la serie è ispirata al motivo del nido. Il motivo del volo determina le decorazioni successive: la modanatura scolpita ed il fregio a mattonelle di maiolica”.

Nel 1910, anteriormente alle decorazioni di Villa Torlonia, Cambellotti esegue un fregio esterno in maiolica con il volo delle rondini e un affresco con volo di colombe nel Villino Vitale: tali opere dimostrano, già nei bozzetti, l’interesse dell’artista per il significato del movimento, concetto dinamico su cui si fonderà la poetica dell’amico Balla e dei prefuturisti.

LA PRODUZIONE DI DUILIO CAMBELLOTTI

Nella produzione di Cambellotti ritornano costantemente altri motivi legati al mondo animale, naturale e rurale, suscitati dalla profonda e continua osservazione della natura. Leggerezza, eleganza e immediatezza delle immagini decorative di Cambellotti si mescolano a una realtà comunicativa ed emotiva attraverso un linguaggio figurativo di estrema concisione e chiarezza.

Questo è il Cambellotti artigiano e decoratore, fedele alla natura e alle sue leggi, l’artista poliedrico che ritroviamo nelle decorazioni della Casina delle Civette a Villa Torlonia, così chiamata dal motivo della civetta, animale evocatore della notte e del mistero. È un motivo quasi musicale, che ricorre nelle vetrate, nelle maniglie in ferro battuto delle porte, in un capitello del porticato, tra le volute classiche e che certamente era presente in molteplici altri dettagli decorativi oggi andati dispersi.

Molteplice ed assai variegata è però la produzione dell’artista.

Nel 1916 e nel 1921 Cambellotti partecipa alle due mostre della vetrata organizzate da Cesare Picchiarini e disegna le vetrate denominate I corvi, Visione eroica (1912, destinata a Villa Feltrinelli su Via Po), Le civette nella notte (che Cesare Picchiarini esegue nel 1914 a Villa Torlonia), L’alba, il giorno e la notte (creata anch’essa nel 1916 per Villa Torlonia) e l cavalli (1920, oggi esposti in collezione privata).

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Si tratta di vetrate caratterizzate da una linearità molto cruda e squadrata, fatta di spigoli e linee rette, accentuate dal piombo che chiude ogni forma in netti contorni geometrici, quasi che Cambellotti abbia bisogno di circoscrivere il proprio lavoro. I vetri sono tendenzialmente tutti trasparenti, ed il colore viene infuso solo dalle leggere tonalità violacee, verdastre ed azzurrine, con Cambellotti che è bravissimo nell’adoperare le stesse imperfezioni o gobbature del vetro per raggiungere effetti inaspettati.

La grande produzione di Duilio Cambellotti fra il 1912 ed il 1929 viene doviziosamente elencata anche nell’autobiografia di Cesare Picchiarini in cui l’autore, in comunione d’intenti con il più celebre amico, trasfonde tutto il suo amore e la sua competenza tecnica per questo genere artistico: Picchiarini fa riferimento ai cartoni, alla data di esecuzione ed alla loro collocazione, soffermandosi in particolare sull’analisi della vetrata raffigurante Le civette nella notte, disegnata da Cambellotti nel 1914.

Quello che dispiace più di tutto, in questo straordinario panorama artistico, è di aver perso gran parte dei modelli cambellottiani a causa del ritardo nella manutenzione della Casina delle Civette: opere citate da Picchiarini, come Le ciliegie (1915) o L’edera in tre ovati (1918) restano solo parole non più rappresentate dalle apposite vetrate artistiche.

Quel che è certo è che ancor oggi, entrando all’interno del magico universo della Casina delle Civette, si viene rapiti non solo dalle vetrate, ma anche dai piccoli dettagli decorativi interni, come le maniglie in ferro battuto recanti il muso appuntito di una lucertola, di disegno evidentemente cambellottiano. Sono proprio questi minuziosi dettagli a far comprendere come la collaborazione fra Vincenzo Fasolo e Duilio Cambellotti risentisse anche del vivo interesse che il mondo dell’Art Nouveau manifestò per i prodotti dell’arte applicata: ed ecco che le vetrate e gli oggetti di design vengono concepiti, già in fase progettuale, in totale e perfetta simbiosi con l’architettura.

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